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Tre cose che abbiamo pensato guardando il Giro delle Fiandre virtuale


francesco gabriele - 9 Aprile 2020 - 0 comments

Sport e eSports stanno convergendo, dicevamo guardando alla Serie A di calcio giocata con FIFA 2020 e all’operazione che le fa da traino in questi giorni di lockdown: Everybody Plays Home.

Ma in questo processo di avvicinamento c’è una tappa che forse ricorderemo più delle altre: l’ha segnata il ciclismo domenica 5 aprile 2020 con il primo Giro delle Fiandre virtuale.

Per la cronaca l’ha vinto il belga Greg Van Avermaet, ma non è questo il punto. Come non lo è che la corsa sia durata appena 32 km o che a partecipare siano stati solo 13 corridori.

Sono altre, invece, le considerazioni che vengono in mente all’indomani di un evento che nella sua “versione beta”, fatta la tara alla particolarità del momento, ha registrato numeri importanti: 40mila persone collegate alla diretta, oltre 60mila visualizzazioni ad oggi su Youtube.

1. Quando il gioco si fa duro

Ciò che colpisce del ciclismo esportivo è soprattutto la sua efficacia dal punto di vista atletico. Alle Fiandre non si è trattato di giocare, né di simulare: si è faticato davvero, solo che da casa, pedalando su un rullo intelligente. Le pendenze erano reali, l’acido lattico nelle gambe pure. E il sudore sul viso di Van Avermaet nell’intervista post gara ce lo ha testimoniato. Una componente, quella dello sforzo fisico, che assottiglia ulteriormente la distanza col digitale: una marcia in più, e nemmeno così irrilevante, rispetto per esempio al calcio o alla Formula 1.

2. Tutti connessi, tutto interconnesso

Riprese da ogni angolazione, panoramiche dall’elicottero, infografiche sui dati di potenza e di velocità espressi dai corridori. E poi il commento tecnico, che aveva lo stesso ritmo e le stesse pause di una qualsiasi diretta ciclistica televisiva. A ricordarci che il Fiandre 2020 è stato disegnato al computer ci ha pensato solo lo switch dello schermo sugli home-trainers: forse l’unica pecca dell’evento (in futuro, perché non curare meglio il backstage?).

Di questa copertura mediatica pressoché perfetta hanno finito per giovarne tutti: gli spettatori, incuriositi e intrattenuti fino all’ultimo metro; i team e gli sponsor, che hanno recuperato qualche briciola di visibilità in un periodo di grande buio; persino il turismo fiammingo, promosso grazie ai suoi verdissimi scenari sempre in bella vista.

3. Benvenuti nell’era post digitale

Detto che nessuna gara digitale riuscirà mai a soppiantare la sua ascendente reale, è innegabile che un dialogo, o meglio una commistione fra sport giocato e videogiocato è sempre più un’ipotesi concreta. In questo senso, il De Ronde 2020 lockdown edition ne è un esempio: una prova veloce (meno di un’ora), fruibile per gli spettatori e performante per gli atleti.

E se un giorno sostituisse il cronoprologo del primo giorno nelle grandi corse a tappa? O se diventasse una sorta di bonus challenge per l’assegnazione di una maglia, proprio come i gran premi della montagna? Di certo aggiungerebbe spettacolo senza nulla togliere all’esperienza su strada. E poi consentirebbe di intercettare nuovi pubblici su nuovi canali aprendo a nuove forme di sostegno economico. Hai detto poco per il ciclismo…

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